Massoneria e gender
Di Giovanni Domma
Febbraio 2020
Io ho molti (troppi) anni, e certi sviluppi della società
contemporanea mi lasciano sconcertato. Così per esempio l’accettazione pubblica
dell’omosessualità (cosa di cui, peraltro, sono in grado di comprendere la
giustizia: non ha alcun senso andare a curiosare nelle preferenze sessuali
delle persone, sono fatti loro che non influiscono affatto sulla capacità di un
cittadino di fornire validi contributi alla società) e anche l’appoggio alle
persone che vogliono cambiare sesso.
Certo mi rendo
conto che anche queste sono faccende personali – io non ho idea di come possano
sentirsi le persone che si sentono donne e si ritrovano imprigionate nel corpo
di un uomo, o viceversa, e da essere umano vorrei che anche loro potessero
essere felici; però, consentitemi, la presa di posizione in loro favore da
parte dei media porta con sé effetti collaterali che vanno al di là del
semplice riconoscimento dei loro diritti, in quanto mette apertamente in
discussione il senso della famiglia tradizionale come da molti secoli l’abbiamo
conosciuta.
Da alcuni sento
dire che è giusto che il ruolo della famiglia tradizionale venga messo in
discussione. Affermano che la famiglia è la cellula di base dello sfruttamento
economico, in quanto così come è concepita serve a solleticare nelle persone il
senso del possesso – MIO padre, MIA madre, MIO figlio, MIA figlia, ecc. – per
fornire loro una magra consolazione del furto quotidiano che viene operato
sulla loro forza lavoro, e incanalarli entro un sistema fondato sulla
repressione che stimola grandemente la loro aggressività.
In sostanza, secondo loro, il senso della
famiglia sarebbe all’origine di tutte le guerre, nonché di tutti gli scontri e
le rivalità interindividuali che trasformano la nostra vita in un percorso a
ostacoli frustrante e stressante.
Dopodiché aggiungono: noi non vogliamo dire con questo che non devi amare i
tuoi familiari, né che devi erodere la sfera di quegli affetti che aiutano te,
come chiunque di noi, a vivere meglio. Ma almeno in teoria, dovresti renderti
conto che la famiglia patriarcale è un residuo della civiltà contadina:
funzionava bene ai giorni in cui nelle fattorie serviva tanta mano d’opera a
basso costo, ma adesso che il contadino è andato in città e il marito lavora in
un posto e la moglie in un altro, e tutti siamo bombardati da stimoli ed
informazioni che arrivano da ogni parte, è utopico supporre che quel modello
possa conservarsi intatto; non è ancora giunto il momento del suo sfascio
definitivo, ma il fatto che qualcuno cominci a progettare formule di convivenza
diverse – fondate necessariamente su valori morali diversi – non può essere che
un bene.
Io, cari amici, ascolto con attenzione (e credo con obbiettività) questi
discorsi, e mi rendo conto delle buone intenzioni che ne stanno alla base; ma
non posso fare a meno di pensare che di buone intenzioni è lastricato
l’inferno… e non posso fare a meno di collegare nella mia mente la famiglia
tradizionale al BENE, e queste strane cose nuove che stanno venendo fuori al
MALE – un male spesso associato alla ricerca di piaceri proibiti, e spesso
noncurante di quel principio che tutti dovremmo tenere presente: che i diritti
di una persona non dovrebbero mai danneggiare quelli degli altri.
Può darsi che queste idee, considerate oggi fuori moda, vadano attribuite al
tipo di formazione culturale che noi, anziani di oggi, abbiamo ricevuto in
gioventù. L’educazione sessuale, ai nostri tempi, non si sapeva neanche cosa
fosse: l’apprendimento in questo campo era lasciato all’esperienza di ciascuno,
che fin dall’infanzia apprendeva (in modo più o meno traumatico) come il sesso
fosse una cosa immorale di cui non bisognava parlare; ma d’altra parte tutti ne
eravamo fortemente attratti, quindi i nostri esperimenti in materia andavano in
parallelo con lo sviluppo di… una sana (quanto ingenua) ipocrisia.
Ci appare quindi molto innaturale vedere oggi la sessualità elevata ad oggetto
di studi seri, i cui autori hanno la pretesa di voler fare accettare le proprie
conclusioni all’intero corpo sociale. A fronte di questo fenomeno, l’interpretazione
che ci viene spontanea è che si tratti di deliberati tentativi per diffondere
l’immoralità; dopodiché, il passaggio successivo è associare questa presunta
forma di immoralità a tutte le altre che ci circondano ogni giorno, e allora
chi può resistere alla tentazione di abbandonarsi a quello che dai tempi di
Catone è uno dei passatempi preferiti degli anziani, ovvero proclamare che il
mondo sta andando a rotoli?
Ancora, un altro tratto del tipo di educazione da noi ricevuto era la scarsa
interdisciplinarietà. Ai nostri tempi, le materie scolastiche erano nettamente
separate tra loro – ben raramente qualche professore pensava a farci riflettere
sui legami tra la storia e la geografia, o tra matematica e filosofia,
eccetera; quindi oggi io mi sento un po’ carente nell’arte di mettere insieme
le cose.
Quindi per me la scienza è scienza, e la politica è politica: che senso ha che
vadano a ficcare il naso l’una nell’altra, e il sesso in tutte e due? E perché
imporre alla maggioranza opinioni preconfezionate su quello che devono pensare
di una minoranza? A volte ho la sensazione di trovarmi in una democrazia
rovesciata, di essere quasi vittima di una sopraffazione.
Mi rendo conto tuttavia che le tematiche di genere sono un problema molto
complesso, riguardo al quale non tutti sono abbastanza informati per esprimere
un giudizio; quindi ho provato a documentarmi un po’.
Il termine transgender si riferisce al rapporto tra genere (gender)
e sesso, due concetti che oggi vengono considerati diversi tra loro:
il sesso biologico dipende dall’anatomia, il genere è determinato da fattori
come il ruolo sociale svolto dalla persona, dalla sua consapevolezza interiore,
eccetera.
Qualora genere e sesso non corrispondano, la persona può essere appunto
definita transgender: una definizione che non riduce le possibili
identità sessuali a solo due categorie, in quanto tanto sul piano biologico
(genetico, ormonale, ecc.) quanto sul piano dei comportamenti sociali ci
possono essere varie sfumature in direzione sia dell’uomo che della donna.
Questa constatazione sta spingendo alcuni storici ad approfondire gli studi
sull’approccio all’identità sessuale in uso nel Rinascimento: in quanto pare
che, a quei tempi (anche a livello legale) fosse presente la tendenza ad
sminuire l’importanza delle differenze fisiologiche, riservando all’essere
umano un approccio che oggi viene definito unisessuale (le
differenze di ruolo tra i sessi si sarebbero fatte via via più marcate nei
secoli successivi, soprattutto in seguito ai profondi mutamenti intervenuti nel
mondo del lavoro).
Questa distinzione tra sesso e genere cui ho
accennato, qualunque possano essere le opinioni sull’approccio da riservare al
problema transgender, rappresenta un indiscutibile progresso sul
piano della precisione linguistica: prova ne sia che l’hanno adottata anche
quanti affermano che l’accettazione sociale delle tematiche transgender sia
una cosa negativa. Infatti il complesso degli argomenti portati dagli
oppositori viene oggi definito teoria del gender, un tema riguardo
al quale i miei lettori potranno trovare in rete parecchio, inclusa una pagina
di Wikipedia.
Nell’ambito della teoria del gender si possono trovare tanto
opinioni moderate, che motivano il loro dissenso su considerazioni ponenti al
centro il benessere fisico e psicologico della persona, quanto argomentazioni
deliranti che considerano l’affermarsi della transessualità come parte di un
complotto, vuoi ai danni della Chiesa vuoi del genere umano.
Qui entra il discorso del complottismo, fenomeno contro il quale
tante volte ci siamo scagliati in questa rubrica, ma il cui potere di
suggestione – bisogna ammetterlo – è enorme, così come lo è in politica quello
del populismo, suo stretto parente.
Io, lo confesso, certe volte mi sorprendo a pensare che non sappiamo ancora
niente dei mutamenti biologici che potrebbero determinarsi sui tempi lunghi in
seguito alla nostra familiarità con le nuove tecnologie; chi può giurare che il
cellulare attaccato all’orecchio, o la nostra immersione in un tubo per la
risonanza magnetica, non abbiano segretamente dato inizio ad una colossale
metamorfosi di genere per l’umanità intera? Mamma mia…
Pur senza… giurare su questa opinione, mi sembra comunque un fatto che
l’ipotesi secondo cui la distinzione tra i sessi può non essere ridotta al
numero di due (bensì comprendere un gran numero di posizioni intermedie) porta
con sé molti problemi; soprattutto agli individui che fondano la loro etica
personale sui dettami delle religioni.
Anche facendo la tara dalle opinioni reazionarie che si accompagnano (o per
meglio dire: non sempre in buona fede, cercano di aggregarsi) al dibattito sul
gender come viene condotto in ambito cristiano, mi pare giusto che chi
considera l’eterosessualità lecita e l’omosessualità illecita possa disporre di
un sistema di riferimento che gli consenta di stabilire il sesso del partner in
modo semplice ed inequivocabile; e si può comprendere quindi come il
diffondersi della valutazione fondata su criteri unisessuali (che
poi, in pratica, significa polisessuali) possa essere stata accolta
in quell’ambiente come un attacco, e si reclami il ritorno alla vecchia e
facile distinzione che si fondava sulle caratteristiche fisiologiche
dell’individuo.
Comunque, le critiche alla distinzione tra sesso e gender riguardano anche
l’unanimità piuttosto totalitaria con cui i media si sono schierati in favore
della nuova concezione, tacciata da Steven Pinker di nuovo perbenismo e
da lui criticata per aver trasferito l’ambiguità delle precedenti definizioni
ad una nuova ambiguità, secondo la quale il termine sesso verrebbe
ora utilizzato indifferentemente per definire il dimorfismo sessuale e l’atto
sessuale: dimodoché, proclamando la pluralità dei generi, al riconoscimento
della dignità delle persone che non si sentono pienamente né uomo né donna
sarebbe in realtà subliminalmente associato anche un messaggio in favore della
promiscuità sessuale.
Ancora, c’è chi afferma che la scienza non ha ancora stabilito con certezza
quanto le presunte posizioni intermedie tra maschio e femmina siano determinati
da fattori fisiologici e quanto da input culturali: nel caso che la seconda
opzione dovesse rivelarsi più influente di quanto non si voglia oggi, questo
potrebbe destare una marea di problemi etici oggi ignorati (come ad esempio il
caso di minorenni indotti a mettere in discussione la propria identità sessuale
da persone intenzionate ad abusare di loro).
Ci sono anche altre critiche, legate ad esempio al fatto che la classificazione
del sesso degli individui secondo una scala a più gradi porterebbe alla
deviazione (o perlomeno alla sottovalutazione) degli studi sul fenomeno per cui
entrambi i sessi convivono in ogni individuo: se il problema diventa
semplicemente il definire quanto un individuo sia uomo e quanto donna,
allora tutta la dinamica dell’interazione psicologica tra i due sessi che
avviene nell’inconscio passerà in secondo piano.
Però anche gli oppositori della nuova prospettiva, per quanto fondate possano
essere le loro critiche, dovrebbero a mio giudizio convenire con una delle poche
massime azzeccate di Benito Mussolini: che Indietro non si torna.
La storia ci mostra che ogni passo indietro, per esempio nel caso della
Restaurazione in Francia, è sempre stato il preludio di un
passo avanti ancora più lungo.
Sarebbe quindi loro interesse accogliere le nuove teorie e studiarle… fino a
conoscerle ancora meglio di quelli che le hanno inventate. È questo il solo
modo possibile per mettere a punto una bussola efficace con la quale i credenti
possano orientare il loro cammino senza troppi problemi, ed è anche quello che
la Chiesa ha sempre fatto – di solito, con grande successo – da quando scelse
di attenuare la propria chiusura nei confronti della scienza. Non fatemi
elencare il gran numero di filosofi cristiani, da Maritain a Teillard de Chardin,
che sono stati capaci di estrarre dal rapporto tra religione e teorie
scientifiche accordi meravigliosi; e per quanto riguarda il rapporto del
credente con i temi legati al sesso, le persone della mia età non possono certo
aver dimenticato il metodo Ogino-Knauss…
Io credo che prima o poi andrà a finire così, perché non c’è altro modo Il
mondo dello spirito ha sempre avuto soltanto un mezzo per riaffermare il
proprio controllo sul mondo della materia quando sembra sfuggirgli di mano, ed
è quello di dimostrare la propria superiorità su di esso.
Per quanto riguarda la Massoneria, la nostra impostazione laica ci ha sempre
reso più facile, rispetto ad altri settori della società, l’accettazione e
l’accoglimento dei cambiamenti sociali.
Del resto, una delle principali ragioni per cui, tanti anni, fa l’impatto con
l’Istituzione impresse in noi – anziani di oggi – un’emozione tanto forte e
positiva, è che l’arte muratoria ci stimola a sviluppare le nostre capacità di
sintesi. Quante tavole abbiamo ascoltato in Loggia sui temi più disparati dello
scibile umano, tavole che, quando sentivamo il titolo, sbuffavamo
infastiditi Ma cosa c’entra? e che invece poi, lavorate
secondo le nostre regole, ci svelavano come il simbolismo muratorio porti in sé
il dono di combinarsi armoniosamente con qualunque argomento!
Se non fosse così, la nostra Istituzione non sarebbe diffusa in tutto il mondo,
dai poli all’Equatore, e non ci sarebbero tanti milioni di uomini riconoscenti
per il modo in cui gli ha cambiato la vita.
(il che, beninteso, non esclude che la Massoneria porti con sé anche tante
magagne e tanti guai; ma questa volta, almeno per una volta, non ne voglio
parlare!)
Come è ovvio, le varie raccolte di landmarks (ovvero dei
principi a cui un buon Massone si deve attenere) non affrontano il tema della
transessualità, che nelle epoche remote in cui vennero compilate non era
considerato socialmente rilevante. I landmarks insistono soprattutto sulla
necessità che il Massone creda in un Essere Supremo, ed è ormai stata abbondantemente
accettata l’idea che possa crederci liberamente, secondo le modalità
suggeritegli dalla sua coscienza: un criterio che, per analogia, viene anche
applicato alla sfera della morale, ovvero ai buoni costumi che
al Massone è imposto di praticare. Non si transige sul principio, ma è evidente
che i criteri morali variano molto secondo i tempi e i luoghi, quindi (entro i
limiti della legalità) anche la sfera delle scelte morali viene delegata al
libero arbitrio del Fratello.
In pratica, poi, l’ente che giudica su queste cose è la Loggia, ed è giusto che
sia così perché l’armonia di una Loggia andrebbe in pezzi se un suo membro
adottasse comportamenti morali che gli altri non condividono; quindi, a seconda
delle sensibilità individuali, può accadere in Massoneria che valutazioni
morali diverse possano convivere nella stessa epoca e negli stessi luoghi –
abbiamo già citato più volte il caso di Oscar Wilde, che per la sua
omosessualità venne bruciato tra le colonne nella sua Loggia
azzurra, e venne invece mantenuto a piedilista nella sua Loggia del Marchio.
Dal web ho avuto notizia di un documento di orientamento in fatto di
identità di genere recentemente diramato dalla Gran Loggia Unita
d’Inghilterra. Questo testo prescrive che l’eventuale riassegnazione di
genere di un massone dovrebbe essere trattata con la massima… sensibilità,
sottolineando come i Massoni – consapevoli delle sofferenze psicologiche che
spesso si nascondono dietro ad una scelta tanto estrema – siano tenuti a
manifestare alla persona interessata il loro sostegno.
Michael Baker, portavoce dell’Ugle ha spiegato come la novità
appena introdotta non sia il frutto di una particolare richiesta interna,
quanto della volontà di adattarsi preventivamente al mutato contesto sociale in
fatto di identità sessuali, dichiarando: “sebbene non ci sia stata una
richiesta generale di orientamento sulla riassegnazione di genere, le domande
sull’argomento diventeranno sempre più comuni in futuro, e ora sembra essere un
momento opportuno per fornire orientamenti generali ai nostri membri”.
Volendo dare a questo documento un’interpretazione un po’ larga, ma credo
corretta: è stato ufficializzato il principio che una donna diventata
uomo possa essere accolta in una Loggia maschile.
Va segnalato che questa decisione non rientra nel dibattito se le donne possano
o meno entrare in Massoneria, che tante arrabbiature ha sempre
riservato a tutti i Massoni per la superficialità, l’incompetenza e i
pregiudizi con cui viene abitualmente condotto nel mondo profano. Coloro che
sbandierano la presunta misoginia dei Massoni per sottintendere che saremmo
reazionari e malvagi ci calunniano gravemente, perché le donne (addirittura dal
settecento, quando negli altri campi della società non godevano di nessun
diritto) hanno sempre potuto entrare in Massoneria nei corpi massonici
femminili e in quelli misti; ed il fatto che ancora oggi parecchi corpi
massonici non le possono accogliere non ha assolutamente niente a che vedere
con l’antifemminismo, bensì con complesse questioni di regolarità rituale.
Nel 2018, inoltre, l’UGLE ha stipulato protocolli di amicizia con due
importanti corpi massonici femminili, l’Honourable Fraternity of Ancient
Freemasons e l’Order of Women Freemasons; quindi sbaglierebbe
di grosso chi affermasse che, secondo gli Inglesi, il solo modo che ha una
donna per entrare in Massoneria sia… farsi uomo!
In definitiva, la cosa principale che emerge dal labirinto di queste mie
riflessioni credo sia la difficoltà, per l’uomo libero e di buoni
costumi, di formarsi un’opinione autonoma ed equilibrata su tanti argomenti
che affollano il dibattito culturale odierno; argomenti spesso influenzati
dalla parzialità indotta dalla politica, da interessi economici, dalla volontà
di creare scandalo per attirare l’attenzione, e chi più ne ha più ne metta.
In questo senso, il dibattito sul problema gender mi sembra davvero il
paradigma perfetto del disorientamento e della confusione di oggi, dove niente
è ciò che sembra, e la tentazione più inconfessabile – che ci tende trappole
ogni giorno – è abdicare dal libero arbitrio, omettere di valutare le cose a
fondo e scegliere le risposte più epidermiche, che ci fanno meno affaticare e…
meno soffrire.
Invece sarebbe davvero il caso che, su argomenti di questo tipo, tutti quanti
(non solo noi Massoni, ma tutte le forze sociali, culturali, scientifiche e
religiose) ci sforzassimo di ragionare autonomamente, con serenità e senza
spirito polemico, per trovare soluzioni che davvero possano conciliare le
opinioni diverse; e soprattutto possano migliorare la situazione di quanti – in
un modo o nell’altro – sono direttamente coinvolti nel problema.
Giovanni Domma